Perché esportare in Cina
La Cina è lo Stato più popoloso al mondo, a elevata penetrazione di Internet e una delle pochissime economie che nonostante il lockdown da Covid ha sofferto una crisi economica meno accentuata. La struttura economica e industriale cinese ha dimostrato una forte resilienza e capacità di reagire e adattarsi alle condizioni più sfavorevoli.
Il lockdown di Shanghai di marzo e aprile 2022, tuttavia, non solo mette alla prova l’economia cinese ma soprattutto quella mondiale: un’evidenza della ancora forte dipendenza che abbiamo nei confronti della Cina per la supply chain.
La crescita economica cinese
La Cina ha rallentato la sua crescita economica nel 2020 a causa del Covid ma non ha registrato un segno negativo. Anzi, negli ultimi due anni, secondo il report ICE, la sua crescita media è stata del 5,1% dove solo il 2021 ha raggiunto il +8,1%.
La crescita economica cinese è stata favorita dalla ripresa economica delle industrie a livello globale e quindi trainata dalle esportazioni. L’incremento più forte delle esportazioni in particolare rivolte verso l’area ASEAN che ha subito vari stalli dovuti alla pandemia e sicuramente aumenterà grazie all’accordo RCEP.
The Piano Quinquennale 2021-2025 sembra procedere spedito e senza deviazioni, soprattutto per quanto riguarda il programma Made in China e l’aumento dei consumi interni. La pandemia sicuramente ed il rallentamento del commercio internazionale sicuramente ha favorito il consumo, quasi obbligato, dei prodotti interni. Uno degli obiettivi del governo cinese è migliorare, grazie agli incentivi l’innovazione tecnologica e manifatturiera, spingendo le imprese cinesi a creare brand “Made in China” di qualità e in grado di sostituire quelli stranieri.
Non da sottovalutare è l’apprezzamento del Renminbi (RMB), valuta cinese, nei confronti del dollaro statunitense avvenuta anche grazie al surplus delle partite correnti. A dicembre 2021 un dollaro veniva scambiato a 6,36 RMB rispetto a 6,53 RMB di gennaio 2021.
Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale la crescita dell’economia cinese dovrebbe tornare al +4,8% nel 2022 e accelerare fino al +5,2% nel 2023.
Chi sono i partner commerciali cinesi?
L’Italia è il 21° Paese fornitore della Cina con una quota costante nel 2020 e 2021 del’1,1% e in crescita rispetto al 2019. Contando la superficie del nostro Paese non è un cattivo risultato ma sicuramente migliorabile. Ai primi posti troviamo i Paesi più vicini geograficamente alla Cina come Taiwan (con una quota di mercato del 9,4%), Corea del Sud, Giappone, Malesia e Vietnam oppure economie più forti come Stati Uniti, Germania e Brasile.
The Brasile è il primo fornitore in Cina di materie prime, come la soia e per il Brasile, la Cina è il primo mercato di esportazione. Ovviamente noi soffriamo la scarsità di materie prime, soprattutto non sufficienti a soddisfare il vasto mercato cinese.
In generale, le prime importazioni in Cina per categoria merceologica sono i circuiti integrati che, sebbene, sotto la media, sono cresciute del +24,1%. Seguono le importazioni di petrolio greggio che sono aumentate del +44% anche grazie alla riduzione dell’impiego del carbone nelle fabbriche che era prodotto per lo più internamente.
Elaborazione ICE su dati China Custom
Perché esportare in Cina il Made in Italy
Se l’Italia è il 21° Paese fornitore della Cina, per le esportazioni italiane la Cina rappresenta il 9° mercato di sbocco con una quota pari al 3% delle esportazioni totali.
Le esportazioni italiane verso la Cina sono aumentate del 22,1% nel 2021 rispetto al 2020. Principalmente in questi ultimi due anni la principale categoria merceologica esportata in Cina sono stati i medicamenti. Nel 2021 cresce invece in maniera esponenziale, +73,2% rispetto al 2020, l’export degli autoveicoli.
Una crescita da non sottovalutare e che rappresentano delle opportunità per il Made in Italy in Cina secondo i dati Istat sono:
- Pelletteria +39%;
- Rubinetteria +30%
- Turbine a gas +81%;
- Calzature +44%;
- Compressori ad aria +51%;
- Sfridi di rame +125%.
La maggior parte delle esportazioni italiane in Cina avvengono dal nord Italia per una quota del 78%, in particolare Lombardia ed Emilia-Romagna. Il restante è costituito dall’Italia centrale 17%, Meridionale 3% e insulare 2%.
Elaborazione ICE su dati Istat
Quali opportunità offerte dal mercato cinese?
Il governo cinese, come dichiarato nel Piano Quinquennale 2021-2025 mira a implementare la manifattura ad elevato contenuto tecnologico di natura cinese. Uno degli esempi più noti sono gli investimenti e gli incentivi governativi in atto nella Greater Bay Area (GBA).
Le zone costiere sono quelle più attrattive per diversi termini:
- incentivi per gli IDE;
- più elevato livello tecnologico;
- struttura logistica all’avanguardia;
- personale qualificato e Western mindset;
Tuttavia, il governo sta cercando di fare leva e sviluppare molte città interne, uno degli esempi di maggior successo è Chongqing.
Da non dimenticare che in Cina ci sono dei settori di investimento che sono incoraggiati con gli investimenti statali, altri non godono di alcun beneficio ma nemmeno di restrizioni ma altri sono proibiti o soggetti a restrizioni particolari. Quindi, attenzione prima di decidere se esportare o investire in Cina, verificate in quale ambito rientra il vostro prodotto e la vostra azienda.
Principali criticità del mercato cinese
La prima criticità che si incontra nel mercato cinese è ovviamente la lingua e la cultura. Per quanto molti colletti bianchi abbiano studiato all’estero, molte volte ci dovremo interfacciare con personale in loco che non parla inglese. È un popolo molto attaccato alla propria cultura e ogni minima sfaccettatura che possa andare ad offenderla può determinare il completo insuccesso dell’investimento.
The marchio deve essere registrato prima che il prodotto sia presente sul mercato cinese. La registrazione deve essere presentata direttamente in Cina e possibilmente doppia, ovvero originale e quella in caratteri cinesi. Da ricordare che in Cina per i marchi vige la regola: “chi prima arriva meglio alloggia”. Se il marchio non è stato registrato e qualcuno lo registra prima, non ci sarà nulla da fare se non cambiare marchio per il mercato cinese.
Ultimo ma di prima importanza: internet. Come accennato all’inizio la penetrazione di internet in Cina è pressoché completa. I cinesi trascorrono gran parte delle loro giornate sui social media i quali sono integrati agli e-commerce. Questi significa che possono comprare direttamente e in maniera velocissima mentre guardano un video su Douyin (Tik Tok) ad esempio.
I siti aziendali ed e-commerce sono invece meno diffusi perché meno utilizzati, non per questo non servono! Sono utili solo se progettati in modo corretto: l’hosting deve essere in Cina, deve essere integrato con i social media cinesi, deve avere un layout che rispecchi la cultura cinese non deve essere solo tradotto in lingua.
Criticità specifiche
Moltissimi altri sono gli aspetti da considerare prima e durante l’entrata nel mercato cinese, come il foro competente nel contratto, in caso di joint venture come strutturarla, come redigere i contratti. Alcune criticità sono più settoriali come la registrazione al GACC per l’esportazione di alimenti in Cina, introdotta il 1° gennaio 2022.
Spesso la non prevenzione di queste criticità può portare a insuccessi disastrosi, che possono causare la chiusura di quel mercato per l’azienda o addirittura ripercussioni economiche su tutta la struttura aziendale. Il mercato cinese non è facile e non sarebbe saggio affrontarlo solo perché il competitor è presente, perché è un mercato pieno di opportunità. La Cina va studiata, capita e applicata adattandosi ed è inutile dire che per fare questo serve un investimento non solo materiale ma anche in risorse umane e di tempo.
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